I Blues brothers e la costruzione di un team

Se si fosse trattato di un film lo si sarebbe potuto intitolare “Metti una sera piovosa di novembre, in radio, con un amico”. In realtà si trattava di una puntata della mia trasmissione, Così parlò Cerathustra.

Stefano Cera

Novembre 22, 2018

Se si fosse trattato di un film lo si sarebbe potuto intitolare “Metti una sera piovosa di novembre, in radio, con un amico”.

In realtà si trattava di una puntata della mia trasmissione, Così parlò Cerathustra, ma lo scenario era lo stesso: la sera piovosa (quella di lunedì 5 novembre, a Roma), il “luogo” erano gli studi di Radio Godot e l’amico è Michele Cardone (Trainer e Coach PNL, autore del saggio Note di PNL), già ospite della mia trasmissione.

La puntata si è rivelata un’esperienza particolare, in cui il film, un vero e proprio “cult”, è diventato oggetto di riflessione intorno al tema del team building. L’ambito è stato quello di una band musicale (e che band! Una delle più famose nel mondo cinematografico), tuttavia le considerazioni che abbiamo sviluppato con Michele possono valere anche in altri contesti, primo fra tutti, quello aziendale.

Da questa trasmissione è nata un’idea, mettere il “flusso” delle nostre idee in forma scritta, affinché fosse cristallizzato e proposto in contesti diversi da quello radiofonico. Ancora una volta un film -ed è questo il leitmotiv della mia trasmissione- non è importante dal punto di vista della qualità cinematografica (anzi, non lo guardiamo con tale ottica, anche se alcuni film sono indubbiamente belli, altri certamente meno), ma per essere utilizzato come strumento di apprendimento e di riflessione, ai fini dello sviluppo personale ed organizzativo.

  • The Blues Brothers: un film come metafora per l’apprendimento

L’idea di trattare questo film in radio, per la verità, ci era già venuta  ad agosto, il giorno dopo la scomparsa della grandissima Aretha Franklin. Ci eravamo sentiti con Michele e la mia proposta fu di fare una trasmissione su The Blues Brothers, anche per celebrare la memoria di questa grande cantante. Tuttavia, questa idea aveva bisogno evidentemente di essere ulteriormente “affinata” e, nel frattempo, cometema formativo legato alla trama del film (il format della trasmissione), abbiamo deciso di proporre quello del team bulding.

Ora, vi starete chiedendo, che c’entrano due brutti ceffi come Jake e Elwood Blues, i mitici fratelli del film, con un tema serio come il team building? Per i pochi(ssimi) che non avessero (ancora) visto il film, diciamo che i due fratelli vestiti di nero si lanciano in una specie di raccolta fondi sotto forma di tournée da fare con la loro vecchia band. Questa, nel frattempo, si è sciolta per una serie di vicissitudini che hanno portato Jake (John Belushi) a scontare un periodo in carcere. Tuttavia, per raggiungere l’obiettivo (ossia, raccogliere 5.000 dollari per consentire all’orfanotrofio dove erano cresciuti di pagare le tasse ed evitare la chiusura dello stesso da parte delle autorità) c’è bisogno di riunirla. E dopo l’”illuminazione” che Jake ha al termine di una splendida esibizione del predicatore Cleophus James (interpretato da James Brown), Jake e Elwood (Dan Aykroyd) partono alla ricerca del tastierista, dei chitarristi, del batterista, del bassista e della sezione fiati. Perché c’è bisogno di tutti per ricostruire il sound dei vecchi tempi.

  • Il modello di Glenn Parker

Non è affatto un compito semplice quello rappresentato in modo divertente nel film, perché oltre che diversi strumenti, i vari musicisti hanno diverse “teste” e diversi caratteri. Tuttavia, il punto di forza della band risiede proprio nelle loro differenze e la gestione di questa varietà è la sfida di chi si trova a costruire e/o gestire gruppi, di qualsiasi genere.
Pertanto, il viaggio dei fratelli Blues, è rappresentativo di tanti percorsi che si fanno nei più diversi ambiti in cui si costruisce e si lavora con i team. Su questo tema, Glenn M. Parker, consulente strategico americano di aziende come AT&T, Johnson & Johnson, 3M e Sun Microsystems, ha condensato la sua esperienza in un modello che è diventato un riferimento nel campo del team building. E tale modello è una chiave di lettura del valore della diversità per il funzionamento ottimale di un team.

Nel suo approccio molto pragmatico di stile anglosassone, Parker, dopo aver studiato (“modellato”, direbbe chi usa la PNL) diversi gruppi in decenni di studio, ne estrae gli elementi fondamentali e sottolinea che un gruppo funziona bene quando sono presenti quattro diversi tipi di profili:

  • il collaboratore;
  • il contributore;
  • il comunicatore;
  • il provocatore

Cosa rappresentano questi quattro profili e perché sono così importanti? Rispondiamo a queste domande attraverso una “lettura” degli stessi arricchita da riferimenti ad alcuni metaprogrammi (utile per chi conosce la PNL e non solo).

  • Lo stile “collaboratore”

Il collaboratore è quello che punta all’obiettivo, è risoluto e determinato. Gli elementi-chiave di questo stile sono: attenzione all’obiettivo; livello di dettaglio globale; orientamento alle cose. Il collaboratore è quello che, nel film, penserebbe esclusivamente ai 5.000 dollari da portare all’orfanotrofio entro una certa data, senza pensare ad altro. Tutto è in funzione dell’evitare che l’orfanotrofio chiuda. In questo senso i due fratelli Blues, in un modo anomalo, bizzarro e “creativo” rappresentano bene questo profilo, lungo tutto l’arco del film.

Uscendo dalla metafora, è utile un personaggio così in un team? Certamente! E funzionerebbe un team di soli collaboratori? Dipende. Infatti, cosa succede nelle situazioni in cui i vari collaboratori hanno una diversa visione del “come” arrivare all’obiettivo? Ci sarebbe consenso o possibili criticità di relazioni all’interno del gruppo? Altro aspetto: le persone molto focalizzate all’obiettivo spesso si curano poco di chi ha un’idea differente, perché puntano dritti alla meta, a scapito, ancora una volta, delle relazioni interpersonali (come ad es. Jake ed Elwood quando nelle loro “mirabolanti imprese” spesso non considerano gli altri elementi della band).

  • Lo stile “contributore”

Il contributore, invece, è la persona che fa le cose bene, ragiona secondo processi ben organizzati, è affidabile, responsabile e professionale. Gli elementi-chiave del suo stile sono: attenzione al processo; livello di dettaglio specifico; orientamento alle cose. Nel film, il contributore è rappresentato da Cab Calloway che agisce su due piani diversi. Da un lato “spinge” i due fratelli Blues ad intraprendere il percorso che li porterà ad avere l’illuminazione e dall’altro, durante il concerto finale della band, da il suo apporto per “scaldare il clima”, in attesa di Jake ed Elwood.

E’ utile questo stile in un team? Certamente, magari aiutano i collaboratori a gestire tempi e modi e a tenere organizzate le attività del gruppo. Bisogna solo fare attenzione ai rischi di eccesso di organizzazione e perfezionismo legato a questo profilo che potrebbe, ad esempio, far perdere d’occhio l’obiettivo.

  • Lo stile “comunicatore”

Il comunicatore è la persona che mette le persone al primo posto, è quello che tiene unito il gruppo, che capisce gli stati d’animo e non lascia nessuno indietro. Gli elementi-chiave dello stile sono: attenzione al processo; livello di dettaglio: specifico; orientamento alle persone; matching. Nel film, il comunicatore è Matt Guitar Murphy che, dopo tanto tempo, quando incontra i fratelli Blues ha un comportamento molto affettuoso, empatico e “people-oriented”.

E’ utile un personaggio così in un team? Certamente! Ad es. immaginate come si possano trovare le persone, tra la spinta all’obiettivo dei Collaboratori e l’efficientismo dei Contributori. Serve un comunicatore, ossia chi cura le relazioni, chi fa attenzione alla parte umana del team. Il rovescio della medaglia è che un eccesso di “relazione” possa far perdere di vista la realizzazione dell’obiettivo. Potrebbe, infatti, nascere un team di persone piacevoli ma poco efficaci nel complesso.

  • Lo stile “provocatore”

Il provocatore, infine, è quello che mette sotto una lente critica le scelte, gli obiettivi e le regole del gruppo. Gli elementi-chiave del profilo sono: attenzione all’obiettivo; livello di dettaglio: specifico; mismatching. Nel film ci sono alcune scene in cui un paio di membri della band (in modo peraltro legittimo) hanno un atteggiamento critico che diventa persino poco fiducioso nei confronti di Jake ed Elwood e rischiano di mandare tutto all’aria.

Fuori dalla metafora del film, chiedi al provocatore di individuare i rischi e i punti deboli di una certa situazione e lui te li dirà con grande lucidità. Per questo motivo il provocatore è spesso considerato il “rompino” del gruppo. Tuttavia, la presenza di una persona così nel team rappresenta l’elemento della discontinuità e della differenza di  prospettiva. Dalla provocazione può nascere l’”alternativa” e la creatività. Tuttavia, anche in questo caso una presenza eccessiva di questo elemento può determinare grandi problemi in un gruppo rispetto alla sua tenuta.

  • Conclusioni

Quattro profili, quattro approcci e quattro differenti forma di pensiero, emozioni e comportamenti all’interno di un gruppo di lavoro.

Perché messi insieme ed integrati questi profili funzionano? Perché i gruppi iper omogenei hanno minore varietà da cui attingere. E perché questo modello è utile? Perché ci dà una mappa, sebbene -come tutte le mappe- non vada presa alla lettera (come ben sappiamo “la mappa non è il territorio”).

Un modello è utile per l’orientamento, per capire in che direzione stiamo andando, ma decisivo resta il percorso di chi sta gestendo o costruendo i gruppi. Per far sì che il riferimento teorico sia ben supportato dalla contestualizzazione alla situazione concreta. E, attraverso The Blues Brothers, anche da una riflessione “metaforica”, in forma di film.

(articolo scritto con Michele Cardone)

Ecco il link per ascoltare il podcast della puntata.

Consulta la pagina Radio del mio sito, per maggiori informazioni sulla mia trasmissione radiofonica Così Parlò Cerathustra.

Articoli recenti

Berlinguer – La grande ambizione: una masterclass di comunicazione efficace

Berlinguer – La grande ambizione: una masterclass di comunicazione efficace

Il film di Andrea Segre ci offre un ritratto intimo e profondo di Enrico Berlinguer, ma va oltre la semplice biografia politica. Osservando le capacità oratorie del segretario del PCI, magistralmente interpretato da Elio Germano, possiamo individuare numerosi elementi che possono essere di grande ispirazione per chiunque si trovi a parlare in pubblico.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vuoi saperne di più sul public speaking?

Se desideri saperne di più sulle materie che tratto, non esitare a contattarmi per maggiori informazioni al pulsante che trovi qui in basso.

Informativa

Noi e terze parti utilizziamo cookie e tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità (interazioni e funzionalità semplici, miglioramento dell’esperienza, misurazione, targeting e pubblicità) come specificato nella cookie policy e nella privacy policy

Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie cliccando su “Accetta” o chiudendo questa informativa.